Lo shinto visto da voi

San Marino Jinja non è solamente l’unico tempio shinto presente in Europa: è la fusione di due culture lontane migliaia di chilometri e di anni, è la fusione dell’architettura tradizionale giapponese e di quella sammarinese.

Proprio per sottolineare questa comunione il tempio è stato eretto con legno giapponese e posato su una base costruita con roccia di San Marino, fin dal suo primo passo questo luogo è stato un punto d’unione.

Ogni persona che visita il tempio e il luogo che lo ospita ci racconta emozioni diverse, ognuno vive e vede questo posto con il proprio spirito ed i propri occhi, l’unica cosa che accomuna tutti i visitatori è l’emozione di una scoperta.

Questa pagina è dedicata a chi ha visitato il tempio e vuole spiegare a tutti cos’ha provato, mandate il vostro contributo all’indirizzo info@sanmarinojinja.com oppure compilate il form che segue, saremo lieti di pubblicare il vostro pensiero.

I contributi verranno pubblicati senza modifiche (tranne le eventuali correzioni ortografiche) perché lo spirito di questa pagina è dare voce alle emozioni di chi ha visitato il tempio San Marino Jinja, eventuali inesattezze culturali, geografiche, religiose o di altra natura verranno pubblicate così come sono state scritte.

I contributi offensivi verso qualsiasi gruppo culturale, religione o etnia non verranno pubblicati.

    Cominciamo pubblicando il contributo di Luca:

    Il Tempio Shintoista (Jinja) è un luogo speciale.

    Frase forse scontata, tipica da recensioni, ma questa è la migliore affermazione che io possa dare.

    Per spiegare il perché vi racconterò del mio viaggio in quel luogo dove Cielo e Terra sono così vicini.

     

    Sapevo già da molto dell’esistenza di quel Tempio, in fondo sono praticante da 4 anni ormai e avevo già fatto un considerevole numero di ricerche su eventuali luoghi di culto in Europa, ma oltre a vederlo in foto e leggere sul sito non ero ancora riuscito a fare altro.

    Però l’estate del 2017 mi diede una possibilità, un’importantissima chance che non mi feci sfuggire:

    saltai sul primo Bus Rimini (ero lì in vacanza) – San Marino e iniziai quello che fu il mio viaggio più importante per la mia spiritualità.

    Scesi alla fermata che il navigatore del cellulare mi aveva indicato e iniziai a camminare per la strada sotto il sole dell’una di un giorno di fine Agosto.

    Ad un certo punto arrivai in un campo di vigne, giustamente la prima cosa che pensai fu “E ora? Dove sono andato a finire?” poi i miei occhi si posarono nella parte bassa di quel paesaggio agricolo romagnolo, vicino agli Appennini, e lì vidi una sagoma bianca in lontananza: un Torii.

    Devo ammettere che per il primo momento rimasi spaesato, vedere un Torii, un edificio tradizionalmente nipponico, dal vivo in un campo di vigne, pianta tipicamente italiana, non è una cosa ordinaria, per di più quello fu il primo Torii che vidi dal vivo e dove c’è un Torii c’è un Tempio agli Dei.

    Arrivai al Tempio (percorrendo la strada sbagliata), ed ogni passo che facevo sentivo sempre di più l’attrazione per quel luogo speciale, sentivo quasi di star andando dov’era il mio posto; avevo già provato quella sensazione quando mi avvicinai allo Shinto e in alcuni giorni importanti per questa fede, ma mai, nessuna volta, in modo così intenso.

    Avevo preso appuntamento col Nobile Sacerdote Francesco Brigante ma ero in anticipo, allora mi misi innanzi al Torii senza muovere più di un passo verso il Jinja.

    Mentre mangiavo un panino (era comunque ora di pranzo…) mi misi a leggere ciò che era contenuto in una bacheca alla destra del Torii. C’era scritto che quel tricline bianco non era stato costruito in Italia ma bensì in Giappone e non in una fabbrica della zona metropolitana di Tokyo ma a Ise, uno dei luoghi di massima importanza per lo Shintoismo.

    Ne rimasi profondamente colpito, innanzi a me si ergeva un Torii di Ise alto e bianco, e, per quanto bizzarro fosse il tutto, c’era sempre una profonda Pace e continuavo a sentire quella sensazione di essere giunto a Casa, non nel senso fisico ma in quello spirituale.

    Dopo mi dedicai a osservare il luogo in cui era stato costruito il Tempio che sembrava un collage tra la foto di un Altare Shinto in una foresta del centro Giappone e un paesaggio tipicamente Romagnolo: il Tempio era in mezzo ad un vigneto e alla sua destra c’era un laghetto con canne di giunco, strano ma allo stesso tempo bellissimo. Mi dava una bellissima sensazione, difficile da spiegare.

    Mentre ero perso tra questi pensieri vidi la figura dell’uomo che poi avrei scoperto essere il Nobile Sacerdote.

    Dopo le presentazioni ci inchinammo davanti al Torii e percorremmo la strada lastricata che portava al piccolo Jinja.

    Intanto io e il Nobile Sacerdote iniziammo a dialogare di cos’era lo Shinto per noi e fui molto felice di poter parlare approfonditamente di questo con qualcuno; ero felice di confrontarmi per la prima volta con un altro Shintoista e non uno qualunque, ma un Sacerdote.

     Successivamente andammo davanti all’Altare, il cuore del Jinja, una piccola riproduzione in legno giapponese del santuario di Ise posta sopra delle pietre locali.

    Come mi spiegò il Nobile Sacerdote, il fatto che la pietra che sostiene il Jinja sia di San Marino è molto importante, San Marino sostiene questo culto ed è la prima nazione in Europa a farlo.

    Guardai attentamente l’Altare in legno, non aveva particolari decori, era sobrio ma a me appariva lo stesso magnifico, ero davanti a un luogo di culto, provavo una grande emozione per essere lì in quel momento.

    Pregammo assieme io e il Nobile Sacerdote e in questa preghiera lui li ringraziò della mia venuta.

    Sentire per la prima volta i nomi delle Divinità Shinto declamati con la voce di qualcun’altro ma con i miei stessi sentimenti di fede e sincerità mi commosse. Ero veramente stupito, felicemente stupito.

    Poi, finita la preghiera sentii una grande Serenità: anche se per poco avevo pregato in un Luogo Sacro.

    Io e il Nobile Sacerdote parlammo ancora un po’ e mi disse del perché fu scelto quel posto*, poi si congedò ringraziandomi della mia venuta e io ringraziai lui per avermi ascoltato.

    Volevo iniziare già a partire, stavo per andarmene quando sentii una strana forza che voleva farmi rimanere lì ancora un po’, la forza fu tale che non le resistetti e rimasi lì ancora a riposare il corpo e lo spirito, vicino alla sponda del laghetto.

    L’aria era tiepida, si vedeva una parte del monte Titano e affianco a me c’era l’Altare.

    Quel posto era, ed è, speciale.

     Spero di non avervi annoiato con le mie parole, buon viaggio.

    *se vi interessa sentire la storia vi consiglio di recarvi lì per ascoltarla con le vostre orecchie e con le vostre sensazioni